Per prima cosa bisogna risolvere la confusione che a volte coglie alcuni Milanesi: a Milano ci sono due quadri che si assomigliano abbastanza: questo (“Il quarto stato”), ora al Museo del Novecento, e “La fiumana”, conservato a Brera, che ne è l’antecedente, la prova, in realtà assai diversa dalla versione finale. Ciò detto, entrambi i quadri rappresentano una massa di lavoratori (presumibilmente in sciopero), il che, come soggetto di un quadro del 1902 è piuttosto sbalorditivo: rispetto alla versione precedente, inoltre, Pellizza rimuove tutti gli elementi di contorno “esterni” alla massa stessa.
Questa fiumana si dirige, metaforicamente e plasticamente, dalle tenebre verso la luce, che li inonda nella convinzione di un radioso futuro di uguaglianza per gli uomini. Il movimento, grazie al sapiente intersecarsi di linee curve e diritte, esprime la calma di un movimento lento, sereno, ma incessante, lontano tanto dall’eccitazione quanto dalla stasi, esprimendo la solidità di un popolo cosciente della propria funzione cardinale e del proprio destino.
Una vivace discussione su ciò che sta accadendo e come si deve fare a sfruttare questo propizio momento anima tutto il gruppo che, però, in quell’avanguardia formata dai due lavoratori che reggono con sguardo deciso il peso dell’avvenire, la donna e il bambino (simbolo della futura generazione), ha già la sicurezza di un luminoso avvenire. Tuttavia, come Chagall nel suo Volo sopra la città (1914) Pellizza sembra dirci, richiamandosi continuamente a Raffaello (nelle mani e nelle figure intere), che non ci può essere progresso che non guardi anche al proprio passato, un futuro cosciente del passato. Continua a leggere